Parte Terza
L'ultima parte di questa rassegna sull'emergenza sanitaria da Covid-19 è dedicata agli operatori sanitari, una categoria di lavoratori che in questo periodo è stata sottoposta a numerosi fattori di stress. Quali le conseguenze?
Il Burnout come conseguenza dell'emergenza COVID-19 sugli operatori sanitari
Gli operatori che si sono trovati in prima linea (tra cui infermieri, medici, autisti d’ambulanza, diagnosti, tecnici di laboratorio, ecc.) sono andati incontro ad ulteriori fattori di stress durante l’epidemia. Questi consistono in:
- stigmatizzazione nei confronti di coloro che hanno lavorato e lavorano a contatto con pazienti infetti;
- stress fisico causato dai dispositivi di protezione;
- isolamento fisico che rende arduo dare conforto alle persone malate o in difficoltà;
- stato di allerta e vigilanza costante;
- procedure rigide che precludono la spontaneità e l’autonomia;
- richieste sempre maggiori sul lavoro, quali turni estremamente lunghi, numero di pazienti elevato e necessità di aggiornarsi costantemente sugli sviluppi metodologici poiché giorno per giorno si scoprono informazioni nuove sul virus;
- possibilità ridotta di avere un supporto sociale a causa dei ritmi di lavoro estremamente intensi e dello stigma che vi è nella comunità nei confronti di chi lavora in prima linea;
- energia insufficiente per mantenere un’adeguata cura di sé;
- iniziale mancanza di informazioni circa le conseguenze dell’esposizione a lungo termine a soggetti positivi al COVID-19;
- timore che coloro che lavorano in prima linea possano contagiare amici o parenti a causa del loro lavoro.
Un accurato lavoro di ricerca promosso dal Centro di Ricerca che fa parte dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, in collaborazione con la Società Italiana di Management e Leadership in Medicina (SIMM) e con il Segretariato Italiano Giovani Medici (S.I.G.M.), condotta nelle prime quattro settimane dell’emergenza sanitaria in Italia, ha fatto emergere una triste fotografia di quello che è lo stato di salute dei sanitari che hanno combattuto il virus in prima linea. La ricerca è stata condotta su 1.150 professionisti in tutto, tra infermieri, medici e altri operatori, di cui 575 medici che lavorano nelle regioni più colpite dall’emergenza Covid-19 (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte). I sanitari hanno risposto ad un questionario sul loro stato di salute, riportando la loro esperienza di sintomi psico-fisici, tra cui irritabilità, difficoltà ad addormentarsi la notte e tensioni muscolari. È emerso anche che nove operatori sanitari su dieci hanno dichiarato di avere avvertito nei mesi più drammatici dell’emergenza sanitaria sintomi di stress psico-fisico tra cui: maggiore irritabilità, maggiori difficoltà ad addormentarsi, di aver sofferto di incubi notturni, di aver avuto crisi di pianto e palpitazioni (alto livello di arousal). Sono emersi anche alti livelli di preoccupazione oltre ad una elevata percezione del rischio di essere contagiati, questo al di là degli anni di esperienza professionale o dal ruolo specifico. Inoltre è emerso che sette operatori sanitari su dieci, cioè il 70%, abbiano mostrato sintomi di burnout.
ll burnout, che nel 2019 è stato riconosciuto dall’OMS come sindrome, cioè un insieme di sintomi, non è considerato una malattia, bensì una condizione che influenza lo stato di salute della persona che ne è affetta. È una condizione problematica associata all’occupazione lavorativa, una sorta di “esaurimento da lavoro”. Secondo l'Oms, "il burnout è una sindrome che deriva dallo stress cronico che si crea sul posto di lavoro e che non è stato gestito bene.
Le cause possono essere rintracciate in ritmi lavorativi frenetici e pressanti, oltre che fortemente stressogeni; prolungato orario lavorativo; lavorare in condizioni non agevoli, con relativo impatto per lo stato di salute psico-fisico del lavoratore.
I sintomi sono caratterizzati da tre dimensioni:
- Senso di esaurimento fisico e mentale, oltre ad un forte affaticamento.
- Distacco crescente dal proprio lavoro spesso accompagnato da negatività e/o cinismo – ad esempio rispetto ai sanitari si può riscontrare un’alterazione della capacità empatica nel processo di cura.
- Ridotta efficacia personale, con sensazioni di mancanza di stima verso se stessi e la propria professionalità, e in alcuni casi una conseguente riduzione della produttività lavorativa (questo può comportare anche un di senso di colpa conseguente alla difficoltà nel non riuscire ad assolvere a pieno le proprie mansioni a lavoro).
Il ruolo della psicologia nel sostenere chi simbolicamente “ha combattuto al fronte” questa lotta al virus
Quando parliamo di operatori sanitari dobbiamo considerare che sono delle persone e che in quanto tali hanno vissuto e vivono lo stress da pandemia come tutti noi altri. Questa condizione imprescindibile di essere umano si è aggravata a causa dell’incidenza del ruolo lavorativo. I sanitari infatti hanno dovuto far fronte ad un carico di lavoro incessante in condizioni di forte stress e permeati da uno stato di profonda angoscia e grande senso di responsabilità. La tensione psichica e fisica, la fatica, la sofferenza e il nervosismo hanno inciso notevolmente sul loro stato di salute sia fisico che psichico.
Nel corso dell’emergenza sanitaria sono stati organizzati vari presidi di supporto psicologico agli operatori sanitari in difficoltà. Questi presidi sono stati possibili grazie agli interventi delle associazioni di psicologia dell’emergenza, degli albi regionali degli Psicologi e dello stesso Consiglio Nazionale, oltre che ai colleghi psicologi già operanti nel SSN che si sono messi a disposizione di tutti gli altri sanitari.
Gli interventi di supporto psicologico sono stati efficaci su più fronti:
- hanno aiutato il sanitario a gestire il disagio avvertito;
- hanno favorito il contenimento del livello di stress e di iperattivazione fino ad abbassarlo;
- hanno aiutato i sanitari ad avere una percezione più lucida della situazione;
- hanno sostenuto i sanitari nel far fronte alla rabbia e all’angoscia scaturite dalla situazione emergenziale.
- hanno alleviato il senso di impotenza e di fallimento
In casi di burnout delle professioni sanitarie, in generale, l'obiettivo del sostegno psicologico è di fornire un adeguato supporto emotivo, rendere più consce le risorse personali specifiche di ognuno, favorire la capacità empatica, stimolare e supportare la loro resilienza al fine di alleviare l’impatto di questa emergenza sul loro benessere psico-fisico.
Concludo con dei dati che sono generali, dunque si riferiscono a tutta la popolazione (sanitari compresi) e che ritengo utili per una riflessione sull’importanza della psicologia: in Italia ci sono circa 3 milioni di persone affette da depressione e si è stimato che nel 2020 ci sarà un massiccio incremento dei casi di depressione in tutto il mondo, incremento che sarà secondo soltanto alle malattie cardiovascolari. Inoltre da una ricerca del Censis emerge un aumento del 23% dell’utilizzo di ansiolitici e sedativi. Alla luce di questi dati penso di poter affermare che l’intervento psicologico è fondamentale, necessario, imprescindibile per la salute collettiva, e deve essere garantito a tutti dal SSN.
Per chi interessato a questo link è possibile seguire un confronto su queste tematiche:
Pagina Facebook Emergenza Covid-19: Sportello psicologico di aiuto e sostegno