Parte Prima
Il primo di una serie di tre articoli dedicati al Disturbo da Stress Post-Traumatico correlato all'emergenza Coronavirus.
Uno sguardo agli elementi di criticità insiti in questa emergenza sanitaria e Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD) correlato al Covid-19
La rapidità con cui l’emergenza sanitaria si è diffusa, la non conoscenza del virus, la carenza di risorse professionali, di presidi che garantissero la sicurezza di tutti, l’insufficienza di luoghi di cura adeguati ed attrezzati, il perdurare dell’epidemia nel tempo, hanno impattato enormemente (e continuano a farlo) sulla vita di ognuno di noi, colpendo non solo la salute fisica ma anche la salute psicologica. Infatti l’impatto psichico che l’emergenza sanitaria ha determinato sull’intera umanità è estremamente rilevante e colpisce in modo considerevole tutte le fasce di età. Oltre a registrare importanti conseguenze a breve termine, che si sono differenziate anche in base alle diverse fasi della pandemia, è possibile rilevare un impatto negativo sul benessere psicofisico anche nel lungo periodo. Si registra infatti una diffusione di casi di Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD) ed è plausibile supporre che gli stessi tenderanno ad aumentare ulteriormente nel prossimo futuro proprio come conseguenza a lungo termine dell’emergenza sanitaria da nuovo coronavirus.
Dunque, la propagazione del Covid-19 non solo ha aggredito i Sistemi Sanitari Nazionali di tutto il mondo ma ha aggredito anche le nostre vite, imponendoci forti limitazioni che continuiamo in qualche modo a subire, oltre ad obbligarci a fare i conti con una serie di conseguenze a forte impatto emotivo. Le limitazioni sociali del quotidiano vivere, la paura del contagio e di un’eventuale ripresa della diffusione della malattia, la paura di un eventuale ricovero, una diffusa angoscia di morte legata sia all’elevato numero di perdite umane, sia alla consapevolezza di avere a che fare con un virus ancora poco conosciuto e difficile da controllare e debellare, ne rappresentano il naturale corollario.
Per di più a causa del Covid alcune famiglie sono costrette a dover fare i conti con la perdita del lavoro e dunque con le conseguenti limitazioni economiche che chiaramente nel corso di questi mesi si sono tradotte in emergenza sociale con un forte impatto collettivo; ne è riprova il fatto che un numero crescente di famiglie ha dovuto far ricorso alla Protezione Civile e alla Caritas per reperire beni di primaria necessità. Per altri invece, come nel caso di operatori delle professioni sanitarie (Infermieri, Medici, Operatori Socio Sanitari e tutto il personale coinvolto) c’è stato un forte incremento del carico di lavoro e dello stress ad esso correlato, condizione che favorisce l’insorgenza del burnout del singolo professionista, oltre che dell’intero sistema sanitario.
Bambini e ragazzi hanno dovuto poi fare i conti con la didattica a distanza (DAD) che nella maggioranza dei casi non era mai stata sperimentata prima, quindi pregna delle difficoltà della partenza insite in un’attività che affronta i suoi primi passi e per di più in una condizione di emergenza. La DAD nella maggioranza dei casi ha garantito la continuità della didattica, per quanto non abbia potuto sopperire all’aspetto relazionale che è insito nel recarsi a scuola e nell’incontrare compagni ed insegnanti. Il vuoto relazionale ha così gravato sulla vita di un’intera fetta della popolazione con ripercussioni su più livelli e di diverso tipo. Ad esempio i più piccoli hanno dovuto rinunciare al confronto diretto con i loro pari, elemento importantissimo per lo sviluppo, soprattutto in età evolutiva. Hanno dovuto affrontare la didattica a casa, privati dello spazio scuola e dei significati psichici e relazionali, oltre a dover rinunciare al valore educativo delle regole scolastiche in presenza. Hanno dovuto fare lezione con il supporto dei genitori (soprattutto per l’utilizzo degli strumenti digitali necessari alla DAD) che solitamente sono esterni al contesto scuola. Molti studenti universitari invece si sono ritrovati a discutere la propria tesi online, lontani dagli affetti più cari (soprattutto durante la fase del lockdown) non potendo così sperimentare tutti i vissuti soliti che accompagnano un rito di passaggio come quello della laurea, importantissimo da un punto di vista simbolico poiché segna il transito verso la vita adulta/lavorativa.
Se rivolgiamo poi lo sguardo agli adulti, la constatazione che possiamo fare è che anch’essi sono stati catapultati nel vortice dello smart working, trovandosi costretti a dover riorganizzare le loro vite, alla ricerca di un nuovo equilibrio, non sempre semplice, tra vita privata e lavorativa.
Quando parliamo di Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD) a cosa ci si riferisce?
Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD, post-traumatic stress disorder), in psicologia e psichiatria è l'insieme delle forti sofferenze psicologiche che conseguono ad un evento traumatico, catastrofico o violento (incidenti stradali, morte improvvisa di una persona cara, terremoto, calamità naturali …)
In conseguenza di un evento traumatico, come l’attuale emergenza sanitaria, alcune persone possono restare turbate per molto tempo e manifestare una reazione intensa, sgradevole e anomala, con effetti persistenti e gravi tanto da essere debilitanti e costituire un disturbo.
Generalmente, gli eventi inclini a causare il PTSD sono quelli che evocano sentimenti di paura, impotenza, angoscia.
Il disturbo da stress post-traumatico può svilupparsi in chiunque abbia subìto o assistito ad un evento traumatico, catastrofico o violento, oppure che sia venuto a conoscenza di un’esperienza traumatica accaduta ad una persona cara.
Questi eventi dunque possono essere vissuti direttamente (ad esempio essere stato un paziente covid, essere stato ricoverato/intubato) oppure indirettamente (ad esempio come il dover fare i conti con la morte di un proprio familiare, aver assistito alla morte di tante persone ed essere stato per tanto tempo a contatto con le vittime del covid come nel caso delle professioni sanitarie).
I soggetti possono inoltre avere vissuto un singolo trauma o, come è comune, traumi multipli. Ad esempio i sanitari delle zone più colpite hanno dovuto fare i conti con la perdita di persone care ed inevitabilmente affrontare le innumerevoli morti dei propri pazienti.
Tra i fattori che certamente contribuiscono allo sviluppo di diversi livelli di PTSD, ci sono le caratteristiche specifiche dell’evento che lo causa e il grado o la modalità di esposizione della vittima, le caratteristiche individuali (in termini di storia medica, psichica e familiare), e le modalità di intervento nell’immediato periodo del post-trauma.
L’insorgenza di questo tipo di disturbo si verifica generalmente diverso tempo dopo la fine dell’emergenza, solitamente quando si torna alla normalità e quando, prevedibilmente, si farà forse fatica a tornare alla normalità del “prima”.
A chiunque può capitare di vivere esperienze traumatizzanti, spaventose e percepite come al di fuori del proprio controllo, ma alcune figure professionali – ad esempio, personale sanitario, militari, membri delle forze dell’ordine o vigili del fuoco – hanno maggiori probabilità di essere esposti, soprattutto in situazioni critiche, ad episodi o dettagli particolarmente violenti e sconvolgenti, e dunque corrono maggiormente il rischio di sviluppare una qualche forma di Disturbo da Stress Post-Traumatico. La maggior parte delle persone riescono a superare lo shock iniziale senza alcuna necessità di supporto aggiuntivo ma nei casi in cui la sofferenza della vittima si prolunghi per oltre un mese dall’esposizione al trauma e finisca per interferire significativamente con la propria vita, allora bisogna valutare un trattamento terapeutico.