“Le malattie delle persone intelligenti, per tre quarti, provengono dalla loro intelligenza”
Proust, Alla ricerca del tempo perduto
“Ettore Majorana, ordinario di Fisica all’Università di Napoli, è misteriosamente scomparso. Di anni 31, metri 1,70, snello, capelli neri, occhi scuri, una lunga cicatrice sul dorso di una mano. Chi ne sapesse qualcosa è pregato di scrivere”. Questo l’annuncio con il quale i familiari del famoso fisico catanese davano notizia della sparizione del loro caro che una sera, durante l’imbarco da Palermo a Napoli, non fece più ritorno a casa. Da quel giorno, nessuno dei parenti e dei colleghi ne ebbe più notizia, nemmeno i famosi “ragazzi di via Panisperna” con i quali Majorana lavorava, sotto la guida di Enrico Fermi. Facciamo un breve riassunto di ciò che era accaduto prima di questa misteriosa sparizione.
Ettore Majorana
La ricerca scientifica e la vita accademica
Nel 1926 Fermi vinse la prima cattedra italiana di fisica teorica a Roma, dando inizio al gruppo di lavoro che sarebbe diventato famoso, appunto, come i “ragazzi di via Panisperna”, costituito da Edoardo Amaldi, Emilio Segrè, Franco Rasetti, Bruno Pontecorvo, Oscar D’Agostino (chimico) ed Ettore Majorana: questo incontro tra giovani scienziati diede vita, tra il 1934 e il 1936, alla prima reazione di fissione nucleare artificiale ottenuta bombardando un atomo di Uranio.
Il gruppo di scienziati non aveva coscienza di aver generato una fissione nucleare (che poi avrebbe portato alla creazione della bomba atomica): gli studiosi erano infatti persuasi di aver generato nuovi elementi della tavola periodica. Tuttavia è probabile, almeno secondo alcune fonti, che qualcuno di loro non fosse poi così incosciente dell’incredibile quanto terribile scoperta che avevano realizzato; tra queste fonti c’è senz’altro la voce dello scrittore Leonardo Sciascia che, nel saggio “La scomparsa di Majorana” (1975) delinea il ritratto di questo affascinante scienziato.
Chi era Ettore Majorana
Nato a Catania nel 1906, Majorana veniva da una famiglia prestigiosa ed era figlio di un ingegnere: il nonno era stato per ben due volte ministro dell’Agricoltura e lo zio paterno era titolare della cattedra di fisica sperimentale a Bologna. Era un bambino prodigio e già a soli cinque anni riusciva a produrre complicati calcoli matematici elaborandoli a mente. Dopo il diploma classico si iscrisse ad ingegneria a Roma ma poi passò a fisica e si laureò a Roma con Enrico Fermi. Riservato, scontroso, a volte provocatorio, timoroso di mostrarsi e di parlare in pubblico, Majorana preferiva vivere all’ombra piuttosto che farsi abbagliare dalle luci dei riflettori: nonostante avesse spesso geniali illuminazioni scientifiche, preferiva tacerle, nasconderle, arrivare a scrivere geniali formule matematiche su pacchetti di sigarette che poi cestinava … tutto, pur di continuare a vivere “in sordina”: la sua passione per il ragionamento, per il calcolo, era “pura”, del tutto priva di secondi fini (fama, denaro, curriculum, …).
Dopo la nascita di questo formidabile gruppo di lavoro, Majorana, per ben quattro anni (dal 1933 al 1937), e dopo la neonata, prestigiosissima connessione con gli scienziati di Lipsia (tra cui il Premio Nobel Werner Heisenberg) aveva praticamente smesso di uscire di casa e non si era più fatto vedere all’istituto di fisica. La sua naturale indole schiva, silenziosa, irrequieta, stava covando qualcosa che poi avrebbe dato luogo, nel 1938, alla sua completa sparizione.
Da sinistra: Oscar D'Agostino, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Enrico Fermi
Le ipotesi sulla scomparsa di Ettore Majorana
Sono molte le ricostruzioni fatte in merito a questo evento: quello che è certo, sostiene Sciascia insieme a molti altri, risulta essere il forte desiderio dello scienziato di “sparire”, far perdere le proprie tracce. Inizialmente si è creduto che Majorana si fosse suicidato, gettandosi in mare durante la traversata in nave.
Suicidio?
Secondo Sciascia, che ha lungamente lavorato analizzando documenti di ogni tipo connessi alla scomparsa dell’illustre fisico, l’ipotesi del suicidio, per quanto più volte annunciata dallo stesso Majorana, sarebbe quella “più sbrigativa” e la meno probabile: è vero che il giovane fisico aveva ricevuto la diagnosi di “esaurimento mentale” (oggi del tutto priva di senso clinico) ed è altrettanto vero che aveva accennato al suo intento di farla finita in alcune lettere ai familiari e ad un collega, ma dai suoi carteggi risulta che aveva anche smentito di volerlo realizzare. Quello che pare più verosimile è che avesse tutta l’intenzione di fuggire dagli impegni accademici e più in generale pubblici: come già scritto poco sopra, Majorana era un ragazzo estremamente schivo e aveva già comunicato di voler interrompere la sua brillante carriera universitaria. Il collega Amaldi riferisce che negli ultimi tempi “Ettore si era lasciato crescere i capelli in modo anormale”, già un piccolo cambiamento nel suo stile di vita.
L'annuncio della sua scomparsa
Un altro elemento interessante lo leggiamo proprio nelle sue parole: Majorana, nella lettera in cui comunica al collega Carrelli che non si rivedranno più, utilizza una parola molto indicativa, che è “scomparsa”: mai, nelle sue comunicazioni, utilizza i termini “morte” o “suicidio”. Ettore Majorana voleva non solo evitare la carriera universitaria ma tirarsi fuori dalla sua vita, dal suo ambiente, dallo scorrere inesorabile di un qualcosa in cui non si trovava a suo agio e forse non ci si era mai trovato. Il giovane fisico era inoltre molto affascinato dalla lettura dei romanzi di Pirandello, siciliano come lui, e aveva in particolare letto con grande interesse “il fu Mattia Pascal”; anche questo dato ci porta a riflettere sul suo progetto di scomparire misteriosamente. Inoltre Sciascia fa presente che chi ha intenti suicidari non si premura di portare con sé il passaporto né di ritirare dalla banca gli stipendi che, negli ultimi mesi, sembrava aver del tutto dimenticato.
Ritiro in convento?
Secondo un altro filone di ipotesi, quindi, Majorana sarebbe fuggito in un convento italiano: una località remota e sconosciuta, in cui riflettere con calma e continuare a studiare, senza obblighi né pressioni e senza che le sue scoperte, i suoi ragionamenti, avessero ricadute concrete sulla realtà. Pensiamo, appunto, alla famosa scoperta della bomba atomica e alle sue conseguenze sulle sorti del mondo: il nostro fisico era un uomo pacifico e non sposò mai la causa delle armi nucleari, né quella nazista. Nel 1984, inoltre, Papa Giovanni Paolo II si recò in un convento calabrese e dichiarò senza mezzi termini che quel luogo aveva ospitato proprio il fisico catanese: un’affermazione forte e decisa che potrebbe avere una sua fondatezza e che trova in numerosi studiosi e appassionati del caso molti consensi, anche quello di Leonardo Sciascia. L’ipotesi, però, è sempre stata smentita dai certosini del luogo: forse perché desideravano mantenere il riserbo su una questione così delicata e personale? Chissà se avremo mai una risposta definitiva a questo interrogativo.
L’ipotesi sudamericana
Secondo altri ancora, nonostante la scarsa simpatia per il nazismo, a fine anni Trenta Majorana tornò in Germania (dove era già stato, durante una pausa dalla collaborazione con Fermi e l’istituto di fisica romano): in base a questa ipotesi, Majorana sarebbe stato rapito dal Terzo Reich e costretto a lavorare per i vertici del partito nazista. Alla fine del regime, sarebbe stato quindi condotto in Sud America sotto mentite spoglie: diverse persone affermano di averlo visto in Argentina e in Venezuela e alcune foto sembrerebbero attestarlo.
Una delle foto circolate negli anni e che ritraggono il giovane Majorana (sinistra)
e un ipotetico Majorana in età avanzata
Vita da clochard
Un altro filone ancora sostiene che Majorana, assecondando il proprio istinto ad isolarsi, abbia scelto di vivere come clochard: qualcuno afferma di averlo incontrato a Roma, qualcun altro in Sicilia. Secondo questi racconti, il clochard in questione sarebbe stato capace di risolvere complicatissimi quesiti matematici e avrebbe chiesto ai testimoni di questi prodigiosi calcoli di mantenere il massimo riserbo su questi episodi, come temendo di poter essere riconosciuto e “strappato” alla vita che aveva scelto di intraprendere.
Majorana oggi, un caso ancora attuale
Qualsiasi sia stata la scelta del fisico siciliano, resta comunque un alone di misterioso fascino dietro la sua ombra: la sua fama, il suo strano modo di essere al mondo, continuano a far parlare di lui. Oltre all’enigmatica sparizione e al carisma della sua intricata personalità, i suoi studi sono stati e continuano ad essere fonte di ispirazione per la ricerca scientifica: per esempio, lo studio delle proprietà dei neutrini costituisce una delle ricerche attualmente in corso presso i laboratori INFN del Gran Sasso. E ad ottant’anni dalla sua scomparsa, un gruppo di studiosi olandesi (QuTech, Microsoft, Eindhoven University of Technology) e americani (JQI Maryland, UC Santa Barbara), proprio nel marzo 2018, ha confermato le teorie elaborate da Majorana: le sue scoperte, oggi, hanno, tra i vari obiettivi, quello di potenziare la capacità dei computer di immagazzinare quantità di dati (tramite sistemi quantistici, molto superiori ai nostri bit).
Nel 1989, Gianni Amelio diresse un film, “I ragazzi di via Panisperna”, che ben descrive le dinamiche psicologiche di questo gruppo di scienziati e la complessa, affascinante personalità di Ettore Majorana.
Ettore Majorana è al centro della fotografia, dietro al tavolino
FONTI
Leonardo Sciascia (1975), La scomparsa di Majorana, Adelphi
https://www.focus.it/cultura/storia/chi-era-ettore-majorana